Una visione a 360 gradi: dalla lepre italica al cinghiale, dalla migratoria al coniglio selvatico. Il tutto passando nell’ottica di una gestione complessiva dell’ambiente naturale e degli habitat delle diverse specie.
Queste le linee guida che hanno condotto il riuscitissimo convegno organizzato dalla Federcaccia regionale Sicilia, “Conservazione della Fauna selvatica e disciplina dell’attività venatoria: progetti di Federazione Italiana della Caccia”, ospitato sabato 28 luglio nella sala della prestigiosa Fondazione Leonardo Sciascia di Racalmuto (AG), per l’occasione colma di rappresentanti delle istituzioni, del mondo scientifico e della ricerca, di studiosi di fauna e ambiente e naturalmente di cacciatori e dirigenti venatori. Fra questi ricordiamo i vertici di Federcaccia, il presidente nazionale Gian Luca Dall’Olio e il v.presidente Antonio D’Angelo, il presidente regionale di Federcaccia Calabria Giuseppe Giordano e quelli provinciali: Cateno Di Bella di Catania; Enzo Blefari di Ragusa; Michele Salerno di Caltanissetta; Agostino Gatto di Palermo; Antonio Adonnino di Agrigento e il componente del collegio dei Probiviri nazionali Accursio Gagliano.
Fra i relatori, moderati dal giornalista Salvatore Picone, hanno portato il loro contributo i tecnici del centro studi di Federcaccia nazionale Valter Trocchi, Daniel Tramontana e Michele Sorrenti; Daniele Scarselli e Giuseppe Vecchio dello Studio Agrofauna di Livorno; la biologa Laura Cancemi e Stefano Agnello, veterinario dello Zooprofilattico di Palermo.
Ad accogliere convegnisti e pubblico, il Sindaco di Racalmuto, e presidente della Fondazione, Emilio Messana, che nel suo discorso di benvenuto ha posto l’accento sui positivi risultati che si riportano unendo la passione venatoria e la difesa della natura attraverso la scienza.
“I due progetti coniglio e lepre, che stiamo portando avanti con le nostre forze e con la straordinaria collaborazione delle persone oggi presenti, sono stati per noi stimolo a organizzare l’odierna manifestazione per comunicare quanto realizzato e ribadire con estrema convinzione che oggi è essenziale la ricerca scientifica. – ha sottolineato Giuseppe La Russa, presidente regionale Federcaccia, introducendo i lavori – In Sicilia la Federazione sta attuando questo concetto assieme alla Regione, all’Università, all’IZS di Palermo e allo studio Agrofauna di Livorno. Ma determinante è la collaborazione tra le Istituzioni, il mondo venatorio, agricolo e ambientalista”.
“Nella nostra regione purtroppo la materia venatoria non va come dovrebbe perché cammina in modo autonomo rispetto a quanto previsto dalle leggi – non ha però mancato di ricordare La Russa – Abbiamo una legge regionale che non recepisce la legge quadro nazionale. Manca ad esempio la possibilità di istituire i comitati di gestione degli Atc, di cui però paghiamo la tassa di iscrizione. Risorse che ci consentirebbero la gestione del territorio, la conservazione della fauna e la disciplina dell’attività venatoria, tema di quest’oggi”.
Prima di passare la parola ai tecnici, il moderatore ha portato i saluti del professor Mario Lo Valvo dell’Università di Palermo, che pur non potendo intervenire personalmente non ha voluto mancare di esprimere la sua soddisfazione e il ringraziamento per essere stato coinvolto nei due progetti su lepre italica e coniglio selvatico. “Sono convinto – ha dichiarato Lo Valvo – che solamente la fattiva collaborazione fra i portatori di interesse, il mondo scientifico e le istituzioni pubbliche potrà contribuire ad una corretta gestione di questi due selvatici siciliani e non solo. I risultati raggiunti in entrambi i progetti – ha aggiunto – sono nuovi, interessanti e utili, soprattutto per il coniglio, specie che negli ultimi anni non attraversa un buon momento. Ma ancora molto c’è da fare”.
Il Progetto Lepre italica è stato il primo ad essere presentato nella relazione di Valter Trocchi, che ne ha ripercorso le tappe ricordano che per Ispra la specie è cacciabile solo dopo censimenti e la stesura di un piano di prelievo che garantisca la buona salute della popolazione interessata allo stesso. Nel 2016 FIdC Sicilia ha proposto un piccolo progetto per rompere il ghiaccio su questa specie e grazie alla disponibilità dell’assessorato nel 2017 è partita la sperimentazione in uno studio triennale rivolto agli appassionati per formarli nei campi del monitoraggio e nella raccolta di campioni biologici. Grazie al progetto, se pur per il momento in piccola quantità, è stato possibile aprire il prelievo di lepre italica in alcuni Atc, riservato ovviamente ai cacciatori abilitati e coinvolti nelle operazioni di monitoraggio. “Senza la collaborazione dei cacciatori monitoratori – ha ricordato Trocchi – non è possibile portare avanti il progetto. È bene sottolineare che l’organizzazione dei corsi è svolta dalla Federcaccia, ma a vantaggio di tutti i cacciatori appartenenti a qualsiasi associazione venatoria”.
Ha poi preso la parola Daniele Scarselli, dello studio Agrofauna, per trattare della specie cinghiale, già vissuta sull’Isola come un problema pur essendo presente in numeri ancora limitati rispetto ad altre zone d’Italia. Scarselli ha messo in evidenza le potenzialità offerte ai cacciatori siciliani da una corretta gestione della specie basata sulle esperienze migliori del resto del Paese, fondata non sulle impressioni ma sulla oggettività dei dati e delle situazioni. “Anche su questa specie un mondo venatorio formato e coinvolto in tutte le fasi gestionali è essenziale, perché solo senza corretta gestione e partecipazione il cinghiale si trasforma da risorsa a criticità”.
Michele Sorrenti ha poi trattato della migratoria, sottolineando come se pur resa più difficile dalle caratteristiche delle specie interessate, anche in questo caso sia possibile e necessario parlare di gestione.
Descrivendo l’approccio al tema dell’Europa, che prevede il coinvolgimento dei cacciatori in tutti i processi di gestione, Sorrenti ha evidenziato come sia merito della Federcaccia aver portato anche in Italia, soprattutto negli ambienti istituzionali, questo modo di procedere, mai considerato prima nel nostro Paese.
Nel caso specifico della Sicilia, Sorrenti ha riconosciuto come sia difficile in mancanza di comitati di gestione applicare correttamente questa filosofia, ma che la regione ha una possibilità enorme che andrebbe indirizzata secondo queste linee di sviluppo a vantaggio di tutti, cacciatori compresi.
Daniel Tramontana ha affrontato il tema della coturnice, sicuramente uno dei simboli della caccia siciliana, regione dove al contrario del resto dell’areale italiano la specie ha subito una contrazione minore negli anni, presentando ancora oggi alcuni nuclei in buona salute. Anche nei confronti di questa specie i cacciatori devono provvedere a una pianificazione gestionale che preveda la salvaguardia degli habitat specifici della coturnice, costruire una rete di Zrc e altri Istituti pensata per irradiare naturalmente, senza ricorrere a soggetti di allevamento, popolazioni sane e autoriproducentesi sul territorio, dove è utile predisporre stazioni di foraggiamento per venire incontro alle necessità alimentari dei branchi.
Sul Progetto Coniglio selvatico sono poi intervenuti Laura Cancemi, che ha tradotto il lavoro sul campo di immissione dei conigli col radiocollare in una tesi di laurea, e Giuseppe Vecchio di Agrofauna. Entrambi hanno illustrato le fasi del progetto, basato sulla traslazione di capi dopo un periodo di quarantena dai luoghi di cattura in terreno libero in recinti messi a disposizione dalla Federcaccia dove studiarne grazie a tecniche di radiotrecking spostamenti e tassi di sopravvivenza, nonché attività di fototrappolaggio per verificare l’incidenza e l’origine della predazione.
Il progetto è ancora in corso, tuttavia si possono già trarre alcune indicazioni utili: per la riuscita è importante vaccinare gli individui precedentemente al rilascio; è molto utile immettere gli individui direttamente all’ingresso di tane di coniglio selvatico presenti sul terreno scelto; dedicare i maggiori sforzi di monitoraggio durante i primi 10 giorni dal rilascio. Fondamentale la scelta dell’epoca di immissione, individuata nei mesi primaverili. La fase 2018 è ancora in pieno svolgimento, ma già si possono riscontrare i primi risultati positivi dall’impiego di conigli nati all’interno dei recinti di ambientamento da soggetti di cattura, lo spostamento dell’epoca di immissione e il controllo dei predatori, raggiungendo un tasso di sopravvivenza del 70%.
In particolare sul vaccino è intervenuto Agnello dello Zooprofilattico, spiegando come questo sia stato realizzato con virus tratti da conigli locali ma come il suo impiego su larga scala sia improponibile e sia stato utilizzato solo per questo progetto. Il contributo dello Zooprofilattico si è avuto soprattutto nella fase della quarantena e precedentemente al rilascio, verificando le condizioni di salute dei soggetti catturati.
Il ruolo delle Istituzioni è stato illustrato dal Salvatore Gufo dirigente gestione faunistica del territorio e da Maria Licata, dirigente ripartizione faunistico venatoria di Agrigento. Entrambi hanno avuto parole di elogio per il progetto sottolineando il rapporto di stima e di collaborazione con la Federcaccia per i progetti in corso e aprendo la possibilità di trasformare le indicazioni ricevute sulla coturnice in un ulteriore progetto da sviluppare sul territorio regionale.
Dopo brevi interventi dei presidenti locali di Arcicaccia e Anuu e quello del rappresentante regionale del Wwf, che ha avuto inattese ma gradite parole di plauso per il ruolo attivo della Federazione e dei cacciatori in una gestione sostenibile delle specie cacciabili, è stato il momento delle conclusioni, tratte dal presidente nazionale Gian Luca Dall’Olio.
“Una straordinaria e necessaria iniziativa” ha definito il convegno, ribadendo che la Sicilia ne ha bisogno e in modo non sporadico, ma ripetuto e a tempi brevi.
“La caccia non è uno sport – ha detto Dall’Olio – ma una cultura con millenni di storia e come tale merita considerazione e attenzione che vanno oltre a quelli normalmente riservati a uno sport.
L’attuale Consiglio di presidenza ha pensato che per occuparsi di caccia bisogna occuparsi di fauna e di ambiente
Lo abbiamo fatto facendo crescere al nostro interno una professionalità specifica, consapevoli che il volontariato, pur meritevole, da solo non è sufficiente. Dobbiamo mettere una lente di ingrandimento sulla fauna, quella cacciabile ma anche quella non prelevabile, perché come categoria che più di tutte le altre frequenta l’ambiente ce ne dobbiamo occupare nel suo complesso, non solo in parte. Le associazioni venatorie si devono preoccupare di mandare i propri soci a caccia in modo sostenibile, ma devono preoccuparsi di farlo in un ambiente ricco e in equilibrio, regolato dalla nostra attività insieme agli altri portatori di interesse. Non ci possiamo limitare a preoccuparci del solo calendario venatorio. Ma per farlo il mondo venatorio deve crescere e presentarsi unito. Solo questo è il modo per ottenere dallo Stato quelle deleghe in campo ambientale e quei sostegni economici per realizzarle che sono riconosciuti da tutti gli Stati europei ai cacciatori per fare gestione, sorveglianza, studi e ricerche. Un mondo venatorio unito che possa chiedere insieme agli altri portatori di interesse di affrontare un’altra necessità: la riscrittura di quella 157 che ha ormai 16 anni e non è mai stata aggiornata. Questi – ha concluso il presidente Federcaccia – devono essere gli obbiettivi del nostro futuro”.
Al termine del convegno, aldilà degli interessanti contributi portati dai relatori, emerge un dato fondamentale: nessun progetto di gestione che riguarda la fauna può essere svolto senza l’apporto fornito dai cacciatori. Da parte del mondo venatorio la disponibilità è sempre presente, come hanno dimostrato anche le esperienze illustrate. Da parte delle amministrazioni ancora si deve in molti casi superare una resistenza a coinvolgerci frutto di preconcetti e resistenze di alcune parti. Prima saranno superate prima la caccia potrà dare pienamente il suo contributo a tutta la società.